Cosa aspettarci dall'ONU
- Davide Saccani
- 22 set
- Tempo di lettura: 3 min
Una Palestina sempre più sostenuta:
Nella giornata di ieri, all’indomani dell’attesa settimana che vedrà al centro dell’attenzione lo svolgersi dell’annuale seduta dell’Assemblea Generale dell’ONU, ben tre Paesi, Regno Unito, Canada ed Australia, hanno riconosciuto lo Stato di Palestina.
Oggi il presidente francese Emmanuel Macron, nel suo discorso davanti all’Assemblea, ha annunciato anch’esso che per la Francia sarà riconosciuto lo Stato palestinese.
Da ultimo, oggi in Italia, come precedentemente in altri Paesi, si sono svolte numerose proteste e scioperi che, come intenzione iniziale, intendevano mostrare l’intenzione di spronare il proprio governo a riconoscere lo Stato palestinese e a condannare le azioni di genocidio verso la popolazione fomentate dal governo di Israele, tuttavia esse hanno portato anche a episodi violenti ed ingiustificabili nelle principali città.
Ferma restando la condanna alle azioni di violenza e di tensione che si sono perpetrate in numerose occasioni nella giornata di oggi in Italia, come anche in altre giornate altrove, si deve prendere atto che l’approccio dell'opinione pubblica nei confronti dell’azione militare organizzata da Israele, sempre più decisa a prendere il totale controllo della striscia di Gaza, sta cambiando.
Dopo le dichiarazioni degli Stati suddetti riguardo al riconoscimento, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha condannato la loro scelta, sostenendo che in questo modo legittimano lo Stato di Hamas ad operare.
Tuttavia, si deve tenere presente che constatare che un effettivo Stato palestinese esiste o dovrebbe esistere, non significa non considerare più Hamas come un’organizzazione terroristica, essa rimane tale e per questo deve essere debellata. La preoccupazione condivisa dalla maggior parte delle nazioni europee è che Israele utilizzi il pretesto di Hamas come fattore per non permettere che venga costituito uno Stato palestinese vicino ai suoi confini, dunque i riconoscimenti avvenuti in questi giorni possono essere interpretati come un’azione preventiva per non distorcere il focus della questione: distruggere Hamas, non la Palestina.
Un'Assemblea ricca di questioni aperte:
La questione palestinese è e sarà uno degli argomenti più caldi che verranno affrontati questa settimana nella sede principale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che in Assemblea Generale ospiterà il dibattito tra i capi di stato delle nazioni del Mondo.
Gli interventi più attesi e controversi saranno quello del presidente statunitense Donald Trump, scettico sull’azione di riconoscimento intrapresa dagli stati europei, ma volenteroso di trovare un accordo di pace nel minor tempo possibile, e quello del premier israeliano Netanyahu, il quale ha annunciato che per l’occasione vorrà presentare pubblicamente il suo piano di ‘’pace attraverso la forza’’.
La seduta annuale dell’Assemblea rappresenta forse l’occasione principale in cui tutti i leader del mondo possono comunicare direttamente l’un l’altro. Sarà importante anche analizzare i toni dei discorsi dei leader, se vanno verso una approccio di attacco o difesa, oppure di mediazione, come ad esempio ci si può aspettare dalle intenzioni della Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, che spesso ha voluto proporsi come legame tra le posizioni statunitensi e quelle europee, specialmente nei confronti della guerra in Ucraina.
Proprio questo conflitto nelle scorse settimane ha assistito ad una rapida escalation, ma non in terra Ucraina, il quale continua senza sosta a tenere banco nei combattimenti al fronte, piuttosto negli spazi aerei di Polonia ed Estonia, che sono stati oggetto di numerose incursioni da parte di droni e di aerei caccia russi al punto di indurre il governo polacco ad attivare l’articolo 4 della NATO che automaticamente attiva il processo di consultazioni tra i paesi alleati nel caso uno di essi si senta minacciato.
Una prospettiva di pace è ancora lontana di fronte alle crisi che ci troviamo ad affrontare oggi.
Altri temi che verranno trattati saranno le recenti rivolte in Indonesia e la rivoluzione in Nepal condotta dalle nuove giovani generazioni per ribellarsi alla dilagante corruzione, causando la caduta del governo; la guerra in Sudan, scoppiata ad Aprile 2023 e che ormai ha mietuto centinaia di migliaia di vittime e sfollato milioni di persone; sarà interessante infine sapere se la Cina rilascerà delle posizioni ufficiali e, se sì, quali di fronte ai recenti sviluppi globali.
Ogni anno i lavori dell’Assemblea Generale cominciano con molte aspettative, quest’anno forse in quantità maggiore rispetto ai precedenti. Solo alla fine di questi giorni intensi potremo vedere se qualche passo concreto sarà effettivamente intrapreso.



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