Il futuro di Gaza, la proposta araba
- Davide Saccani
- 6 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Nelle scorse settimane tutti abbiamo potuto vedere il video postato sui social dal presidente Donald Trump che ritrae una possibile ricostruzione della Striscia di Gaza, trasformandola in una riviera turistica del Mediterraneo. Un video che si aggiunge al piano elaborato dal presidente Trump sul futuro di Gaza, che tra le varie cose include anche lo spostamento della popolazione palestinese al di fuori del territorio e il controllo da parte degli USA.
Tra lo scalpore generale, gli stati della Lega Araba (tra cui Arabia Saudita ed Egitto) hanno categoricamente rifiutato la proposta e, in risposta, si sono riuniti il 4 Marzo in un vertice al Cairo per esaminare il piano egiziano.
I maggiori promotori di questo vertice sono stati Egitto e Giordania, per il motivo che essi sarebbero i due paesi più coinvolti nel piano Trump, in quanto a detta sua dovrebbero accogliere tutta la popolazione palestinese sfollata dalla Striscia. Inoltre al vertice è presente anche il Qatar, ovvero il paese che ha ospitato i negoziati che permisero la realizzazione del cessate il fuoco dal 19 Gennaio tra Israele ed Hamas.
Il piano in breve:
Il nuovo piano proposto vale la somma di 53 Miliardi di dollari e si articola in varie fasi. Le principali riguardano la pulizia dai detriti lasciati dai bomabrdamenti e dalle mine inesplose, la ricostruzione utilizzando tecnologie rinnovabili (che comprende la realizzazione di infrastrutture per gli scambi internazionali e commerciali, come porti e aeroporti) e, sul piano politico, Hamas lascerebbe la sua posizione di potere sul territorio, che sarebbe sostituito da un gruppo di politici indipendenti con lo scopo di portare alla fine l’Autorità Nazionale Palestinese ad avere la piena sovranità sul territorio. Il limite per la realizzazione di questo piano è fissato per il 2030 e, soprattutto, specifica che la popolazione palestinese rimarrà sul proprio territorio.
Le reazioni:
Critiche a questo piano sono arrivate sia dagli USA, sia da Israele. Secondo quanto detto dal portavoce del ministero degli esteri israeliano Marmorstein, il piano arabo non cita nemmeno una volta l’attentato del 7 Ottobre (causa che scatenò la guerra) e non presenta alcuna condanna dell’organizzazione Hamas, mentre il piano di Trump permette ai palestinesi di decidere secondo la loro libera scelta.
Il presidente egiziano Al-Sisi mostra grande soddisfazione per il piano approvato dalla Lega Araba, che pur si dice pronto a collaborare con il presidente Trump per una soluzione comune.
Fatto importante, Hamas ha accettato il piano, questo può essere visto come un tentativo di giungere in fretta ad un accordo di pace definitivo, oppure come una forte presa di posizione rifiutando qualsiasi proposta americana e israeliana.
Ad oggi, due soluzioni, seppur molto diverse tra loro, sono sul tavolo. Un fattore positivo da riscontrare è che finalmente pressoché tutte le parti coinvolte stanno parlando di ricostruzione e stanno facendo azioni concrete per promuoverla, solitamente non si tratta così massicciamente il tema della ricostruzione se prima non c’è una situazione di pace definitiva, questo fa ben sperare che presto questa pace abbia luogo attraverso la tregua ora in atto.
Viste le intenzioni comuni, un serio tavolo di confronto tra USA, Israele e i Paesi della Lega Araba lo vedo come una tappa necessaria per garantire un futuro prospero alla Striscia e alla sua popolazione palestinese libera da Hamas e che, per inciso, deve poter vivere sul proprio territorio di residenza.
Chi ricostruirà Gaza?
Gli USA
I Paesi della Lega Araba
Entrambi, con un programma comune



Commenti